Interventi al cervello senza rischio con l’Unità Gamma.
Bisturi o Unità Gamma (o Gamma Knife o Unit).
“Ma perché nessuno me lo ha detto?”
La conoscenza di questo apparato e di questa metodologia può salvare la vita, o da gravi menomazioni, le persone che hanno problemi nell’area cerebrale dovuti a tumori, angiomi o aneurismi. E’ un metodo non invasivo e altamente sicuro.
Normalmente interventi chirurgici in tale area, se in profondità, sono molto rischiosi, e il rischio di morte o menomazioni è altissimo, e si verifica nella maggior parte dei casi trattati.
Purtroppo non sempre è possibile l’impiego di tale macchina.
Come funziona ? Descritto semplicisticamente: Immaginate un colapasta (si, un colapasta di quelli tutti bucherellati) messo sulla testa della persona con il tumore o l’angioma. Viene “illuminato” dall’esterno con raggi gamma (immaginate che sia luce). Tali raggi attraversano, in piccole dosi, il cervello senza nessun effetto, ma convergono tutti insieme in una sola area del cervello, dove la loro concentrazione diventa altissima. Bene: SOLO in quell’area dove la loro concentrazione è alta si realizza l’effetto; Le cellule malate o malformate muoiono lentamente, e vengono progressivamente sostituite da cellule sane.
Senza rischi, senza effetti collaterali, senza danni al tessuto sano.
Il macchinario in realtà è più complesso, i raggi sono gestiti, in direzione e intensità, da un computer che provvede alla esatta focalizzazione nel punto da trattare.
Questo che segue è tratto da un intervento pubblicato su un forum nel 2004.
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Oggetto: Gamma Knife: Ma perché nessuno me lo ha detto? (E’ lungo. Ma LEGGETELO! Potrebbe salvare la vita o gravi menomazioni a uno dei vostri cari!).
E’ una storia a lieto fine, ma solo perché i protagonisti sono venuti a conoscenza di questa alternativa!
Era un poco che volevo scrivere questo intervento.
Potrebbe sembrare parzialmente fuori tema, ma non lo è. Non lo è perché in questo come in altri campi si sostiene che non c’è alternativa. Dobbiamo essere noi, a continuare a guardarci intorno e, seppure da ignoranti, cercare alternative e decidere infine di chi fidarci. Questo che riporto di seguito è solo un esempio, un fatto vissuto, che dimostra come la situazione non cambi neppure in prospettiva di lesioni gravissime o addirittura della morte.
Un fatto, che riporto così come me lo ha raccontato il protagonista, e che, conoscendo la persona, credo assolutamente, inconfutabilmente VERO.
Ecco cosa è successo.
Mesi fa, un mio amico appariva disperato e stanco. Si era ritirato da svariate attività che seguiva con passione e tutte le sue risorse, in termini di energia e tempo, erano dedicate al problema che lo stava consumando.
La sorella, alla quale è molto attaccato, aveva scoperto, in seguito a degli esami preliminari finalizzati ad un piccolo intervento chirurgico, di avere un angioma nel cervello, in una zona situata molto in profondità.
Che cos’è un angioma? Spiegato in semplicità da profano, è una dilatazione abnorme di un vaso sanguigno, che può rompersi in qualsiasi momento.
“L’angioma è una neoformazione vascolare costituita da lacune vasali rivestite da endotelio con tessuto connettivo interposto. Si possono associare fenomeni di EMORRAGIA o calcificazioni, e gli spazi vascolari possono presentare trombosi all’interno. Tale lesione può presentare dimensioni estremamente variabili (da pochi mm a diversi cm), e può essere singola o multipla”.
Che conseguenze può avere? Devastanti, se si rompe. Cosa che spesso accade. D’altra parte se su internet cercate “angioma cerebrale” con un motore di ricerca trovate episodi come:
– “Sono stato operato sei mesi fa di un angioma collocato in posizione anteriore sinistra. Da allora non cammino piu’. Ho mantenuto la sensibilità ma purtroppo non la motoria… Ho sempre goduto di buona salute”…
– …”all’età di 10 anni, un crudele destino ha fatto si che un angioma cerebrale congenito scoppiasse improvvisamente nella sua testolina e le conseguenze sono state enormi”…
… Eccetera…
Come disse il primo professore interpellato dal mio amico, come da colloquio qui sotto:
Professore: “Se sua sorella, da oggi, vivesse in una splendida villa, insieme con altre 99 persone come lei, senza alcun problema o preoccupazione, tranquilla, con tutti i comfort, alimentazione corretta, controlli medici, etc… Vedrebbe morire 4 persone ogni anno per la rottura dell’angioma. Lei potrebbe essere tra le prime 4 o le ultime, non possiamo saperlo”
Amico: “Come si può curare?”
Professore: “Chirurgicamente, in questo caso, abbiamo il 10% di
possibilità di riuscita”
Amico: “E nel restante 90% cosa succederebbe? Potrebbe restare menomata o peggio, morire?
Professore: “No. Non ha capito: 10% che sopravviva, menomata o meno. Potrebbe rimanere parzialmente o totalmente paralizzata, cieca o altro. Non possiamo sapere esattamente quello che succederà quando opereremo”.
Amico: “Allora non conviene operare!”
Professore: “Il problema resta e l’angioma potrebbe rompersi anche tra un mese. E’ una bomba che non sappiamo quando esploderà”
Amico: “Ma possibile che non esistano altri modi? Alternative? Possibile che no?”
Professore: “No. Nessuna. Va chirurgicamente rimosso, è il solo modo”.
Il mio amico, come avrebbero fatto tutti, cercò altri consulti. Inizio così un lungo ed estenuante calvario. A sua detta (e io gli credo, anche se all’inizio ero perplesso) tra medici e professori consultò circa 150 (centocinquanta) professionisti, tra i migliori. Il più ottimista gli diede il 20% di possibilità di sopravvivenza…
E a tutti chiese: “Ma possibile che non esistano altri modi?
Alternative? Possibile che no?” E TUTTI gli risposero: “No. Nessuna. Va chirurgicamente trattato, è il solo modo”.
Dal momento che lo vedevo così abbattuto, gliene chiesi il perché, e poi chiesi anche io, a lui, se c’erano alternative, e lui, ormai convinto, disse di NO. Ma, nonostante tutto, continuava esausto a cercare…
Io però seguo una regola che ho chiamato regola del “ti pare che”. Per esperienza diretta oggi so che
tutte le volte che alla mia mente si affaccia la domanda “”ti pare che”…
– “se fossse così”…
– “non me lo avrebbero detto” …
– “allora lo farebbero tutti”…
Allora sto per cadere nella trappola dell’immobilismo e della rassegnazione. E per quanto possibile cerco di saperne di più.
Ho iniziato, da ignorante (colui che ignora), quindi a cercare e a chiedere in giro, ma NON ai “professionisti” che poteva aver consultato lui. Cercavo o no, una alternativa?
E l’alternativa, proposta da un medico “alternativo”, estremamente preparato, non era una alternativa “naturale”, quindi la DOVEVANO sapere anche loro! Mi venne riferito anche di un caso identico trattato anni prima con successo. Nel senso che l’angioma era sparito. Non ce ne era più traccia. Scomparso.
I miei passi in sintesi sono stati:
1) Mi venne citato, chiedendo in giro a specialisti di varie discipline, un macchinario: “Gamma Unit” o “Gamma Knife”.
2) Ricerca su internet
3) Indirizzi e riferimenti forniti al mio amico.
Quando gliene parlai, la sua reazione fu: “Mah… mi sembra impossibile, ma se è vero giuro che ti faccio un monumento!” Ma aveva di nuovo una speranza. Decise di andare dal migliore, da chi lo aveva inventato, tanto è vero che andò addirittura fino a Stoccolma, nella Clinica dove aveva visto la luce la Unità Gamma! Il macchinario lo hanno inventato loro, anche se l’ideatore del progetto è stato un italiano. oltre 30 anni fa!).
Si presentò all’appuntamento col professore di Stoccolma con una borsa piena di esami e referti.
Colloquio:
Professore: “Accidenti, quante scartoffie! Deve aver penato molto, lei!”
Amico: “Pensa che sia possibile fare qualcosa con il vostro macchinario? Che si possa curare?”
Professore: “Certo che si. Il “gamma knife” è nato per trattare i tumori. Ma anche in casi come il suo i risultati sono ottimi. Direi che in questo caso, abbiamo il 90% di possibilità di riuscita “one shot” (traduzione: “al primo colpo”).
Amico: “Con che conseguenze possibili?. Effetti collaterali? Quali rischi?”
Professore: “Assolutamente NESSUNO! Significa che al 90% sua sorella avrà risolto definitivamente e basta. Senza conseguenze”
Amico: “E nel restante 10% cosa succederebbe? Potrebbe restare menomata o peggio, morire?”
Professore: “No! Non ha capito: nel 10% di possibile non riuscita, ci sarà semplicemente da ripetere l’intervento dopo un anno, e stavolta con la quasi certezza di riuscire. Bisogna solo fare una angiografia, che è paradossalmente la parte più rischiosa del processo, per vedere quanto è grande e dove è posizionato con precisione. Solo se è troppo grande non potrà essere trattato, ma da quello che vedo qui, non mi sembra proprio”
Amico: “Ma… Lei mi sta dicendo… 90% di RIUSCITA SENZA EFFETTI COLLATERALI? Sono abituato a sentire 10-20% con gravi danni possibili, morte, e ora… No… non posso crederci… MA PERCHE NESSUNO ME LO HA DETTO?”
Il resto del colloquio non lo riporto. Potrebbe sembrare offensivo per alcune realtà e non è questo lo scopo di questa email. Viene comunque da chiedersi (a lascio a voi le risposte):
– Lo sapevano e hanno taciuto?
– Non lo sapevano (cioè… “ignoravano”)?
– Amico e sorella sono bugiardi?
Lo chiamai nel tardo pomeriggio, sapevo che doveva tornare da Stoccolma a quell’ora. Era infatti appena arrivato a casa…. Ancora oggi non so dire se forse piangesse o ridesse al telefono mentre mi raccontava. Percepivo chiaramente solo l’affanno di chi è troppo emozionato per parlare, ma che… ti deve raccontare tutto lo stesso, come se potesse liberarsi di mesi di angoscia in quel modo. Si, aveva l’affanno, povero amico mio…
La sorella ha poi eseguito il trattamento in Italia, anche da noi oggi ci sono diversi centri. Tra qualche mese la nuova angiografia dirà come è andata.
(Nota di aggiornamento qui inserita per praticità: poche settimane dopo la donna recuperò una visione normale, precedentemente molto compromessa dalla pressione dell’angioma sui centri cerebrali e nervosi della visione. Questo significava che l’intervento stava dando i suoi risultati, e le permise inoltre di passare l’esame medico per la patente e riprendere a guidare. Una successiva visita mirata, dimostrava la totale scomparsa del problema)
Io non ho fatto niente di speciale. Ma il mio amico oggi dice che io sono l’uomo al quale la sorella deve la vita, e che è viva grazie a me. Io non lo so, gli ripeto che mi sono solo guardato intorno, ho solo cercato in un altra direzione. Perché? Perché sono un ignorante.
Il messaggio completo con un allegato sul “gamma unit” lo posto su “naturalia”, qui è off topics (anche li lo sarebbe, visto che non è naturale: ma è comunque non invasivo). Come funziona in poche parole: con uno speciale casco a “colabrodo” vengono concentrati dei raggi gamma solo sulla zona da trattare, le cellule SOLO in quella zona lentamente muoiono e vengono sostituite da tessuto nuovo che ricresce SENZA la malformazione.
La prossima volta che qualcuno in camice bianco vi dice che non c’è speranza, che “la scienza sono io”, che “anche a me piace la fantascienza…” Non arrendetevi. Guardatevi intorno. Potrebbe anche esistere una alternativa.
E il tizio con il camice bianco potrebbe essere non un medico ma solo un gelataio, un pizzicagnolo, o altro (L’abito non fa il monaco).
“La verità è che, eccetto in rari casi, l’uomo non è un essere razionale. Egli è dominato dall’autorità, e quando i fatti non sono in accordo con la visione imposta dall’autorità, allora tanto peggio per i fatti. Questi potranno, e certamente dovranno, vincere nel lungo periodo; ma nel frattempo il mondo brancola inutilmente nell’oscurità e permane la molta sofferenza che poteva essere evitata”.
Dr. William Horatio Bates
Oggi più che mai attuale.
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Dal sito dell’Ospedale Niguarda:
http://www.ospedaleniguarda.it/content/in_evidenza/18.html
Si legge:
GAMMA KNIFE PERFEXION
Gamma Knife è un’espressione in lingua inglese che significa “bisturi gamma”.
Si tratta di una strumentazione radiochirurgica di ultima generazione che permette il trattamento di patologie cerebrali – anche tumorali – mediante l’utilizzo di un fascio di radiazioni per colpire direttamente la lesione patologica, basandosi su un sistema di puntamento “stereotassico” (cioè finalizzato a individuare esattamente nelle tre dimensioni spaziali la posizione della lesione).
La precisione fornita dal sistema di localizzazione stereotassica consente di focalizzare e concentrare le radiazioni in un piccolo spazio di tessuto cerebrale (ad esempio un tumore oppure una malformazione arterovenosa, o ancora una determinata regione del cervello affetta da una patologia funzionale), in modo che solo questo riceva un’elevata quantità di radiazioni, risparmiando il restante tessuto sano, e permettendo quindi di limitare il danno ai tessuti limitrofi e gli effetti collaterali.
In alcuni casi viene utilizzato per il trattamento di tumori poco voluminosi che non possono essere rimossi chirurgicamente.
Cura e casistica
Le principali patologie trattabili con Gamma Knife sono:
– metastasi cerebrali
– malformazioni vascolari
– neurinoma dell’acustico
– meningiomi
– adenomi ipofisari
– nevralgia trigeminale
– astrocitomi, cordomi, melanomi uveali
– altri tumori e patologie funzionali.
Fasi del trattamento:
Un intervento di radioneurochirurgia con Gamma Knife si svolge in anestesia locale (riservando a casi pediatrici e particolari l’anestesia generale) in un’unica seduta (a differenza di altri trattamenti radioterapici), ha una durata variabile tra le 3 e le 8 ore, per i casi più complessi e schematicamente consta di 4 fasi:
1. fissazione di un casco stereotassico (in alluminio o titanio) al cranio del paziente mediante applicazione transcutanea di 4 viti, ciò per fornire dei riferimenti spaziali stereotassici e per evitare che il paziente muova la testa sia per gli esami neuroradiologici sia all’atto del trattamento
2. esecuzione in Neuroradiologia degli esami (Risonanza Magnetica, TAC, Angiografia) necessari per il trattamento, grazie al fatto che sul casco viene applicato un “localizzatore” in plexiglas che fornisce alle immagini neuroradiologiche dei punti di riferimento (riconosciuti dal computer che elabora tali immagini per ottenere le coordinate della posizione nello spazio della lesione da trattare)
3. elaborazione del piano di trattamento da parte di un’équipe formata da un neurochirurgo, un radioterapista ed un fisico sanitario sulla base dei dati neuroradiologici e della ricostruzione tridimensionale della lesione, usando un software sofisticato che consente di simulare il trattamento migliore possibile per risparmiare il tessuto sano circostante
4. dopo che l’équipe ha validato il piano di cura prescelto, si dà inizio al trattamento radiochirurgico vero e proprio ed il paziente, sveglio e cosciente, viene posto sul lettino e fissato ad esso mediante il casco; il letto stesso seguendo gli ordini impartiti dal computer si muoverà spostandosi nei tre piani dello spazio così da focalizzare le radiazioni sulla lesione da colpire.
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Nota: Le informazioni a seguire sono datate e non aggiornate, risalgono a molti anni fa.
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L’INFORMAZIONE SU INTERNET
Sul sito Internet radiochirurgia.it della società napoletana
Radiosurgery Center del dottor Salvatore Conte (laureato nell’Ohio, non
può esercitare in Italia) viene promossa una nuova tecnica per curare il
cancro disponibile solo negli Stati Uniti . Ma non è vero che la
radiochirurgia non è praticata in Italia, dove invece ci sono 4 centri
LA TECNICA CONTRO I TUMORI
La tecnica si basa su un esame tridimensionale “stereotassico” che
localizza con esattezza la lesione nel cervello e permette di
indirizzarvi una singola dose molto alta di radiazioni senza colpire i
tessuti sani . Nel resto del corpo la tecnica consente di irradiare
tumori difficilmente raggiungibili. In molti casi la terapia ha però
solo valore palliativo
I COSTI DEL TRATTAMENTO NEGLI USA
Chiunque può inviare allo Staten Island University Hospital a New York i
documenti necessari alla valutazione del caso. Il costo del trattamento
è compreso tra 16.500 e 21.700 euro da anticipare con bonifico bancario.
Negli ultimi mesi è comparsa una voce: l’onorario del dottor Conte. Il
medico spiega che i soldi vengono riversati a New York.
IL RIMBORSO DELLE CURE
Per le cure è previsto un rimborso dell’80% se l’attesa per una cura
equipollente in Italia è superiore ai 40 giorni o per una terapia che
nel nostro Paese non viene fatta. La richiesta va inoltrata all’Asl da
un medico specialista prima della partenza o al rientro e vanno allegati
i giustificativi delle spese sostenute
“Tumori al cervello, inutili quei viaggi in Usa”
Gli specialisti contro un centro di New York: interventi su 250
italiani, ma la terapia si può fare anche da noi
La notizia si è diffusa via Internet: c’è una nuova tecnica per
combattere il cancro. Una terapia avanzata, disponibile solo
oltreoceano. Così, almeno, è descritta la radiochirurgia stereotassica
sul sito radiochirurgia.it della società napoletana Radiosurgery Center.
Il responsabile, Salvatore Conte, una laurea in Medicina nell’Ohio (“Un
titolo che non mi permette di esercitare in Italia”), è il referente di
Gil Lederman, direttore del Dipartimento di radiologia oncologica dello
Staten Island University Hospital (New York). La sua società raccoglie
le domande (oltre 11.000 dal ’98) di consulto negli Usa e gestisce la
trafila degli interventi: 250 solo nell’ultimo anno. Ma gli specialisti
ammoniscono: attenti a questi “viaggi della speranza”, le strutture
italiane sono all’altezza.
LA TERAPIA – La tecnica, originariamente sviluppata per l’encefalo, si
basa su un esame tridimensionale (“stereotassico”) che nel caso del
cervello localizza con esattezza la lesione (non solo tumorale) e
permette di indirizzarvi una singola dose molto alta di radiazioni,
senza colpire i tessuti sani. “A differenza – spiega il neurochirurgo
Enrico Motti – della radioterapia tradizionale, che invece irraggia
frazionatamente tutta la testa”. Nel resto del corpo la tecnica
stereotassica consente di irradiare tumori difficilmente raggiungibili
con i metodi convenzionali, con un ciclo terapeutico molto breve. Ma è
applicabile solo a lesioni con diametro inferiore ai 5 cm, e in molti
casi ha valore esclusivamente palliativo. “La pratica – sottolinea
Roberto Orecchia, presidente dell’Associazione italiana di radioterapia
oncologica – è riconosciuta, ma la casistica è ancora limitata e
l’utilità da definire. In questo caso non è in discussione la tecnica o
la qualità degli ambienti, bensì l’indicazione del trattamento. E resta
fondamentale il consulto di un oncologo o un radioterapista”.
LE RICHIESTE – Sul sito, Conte spiega di essersi “impegnato
personalmente a divulgare, senza scopo di lucro, l’informazione
riguardante una nuova tecnica che attualmente si può effettuare solo in
Svezia e negli Stati Uniti”. Se fino al gennaio 2002 anche il Karolinska
di Stoccolma accettava i pazienti italiani, ora l’unico contatto è
Staten Island, cui chiunque può inviare direttamente, senza il controllo
di uno specialista italiano, i documenti necessari alla valutazione del
caso. Per i vetrini la Radiosurgery Center fornisce un indirizzo privato
di New York, specificando: nella dichiarazione doganale scrivere
“Contenuto della spedizione, regalo”. Una procedura quantomeno anomala,
visto che si tratta di materiale biologico destinato a uso clinico.
I RIMBORSI – “Il costo del trattamento – specifica il sito – è compreso
tra 16.500 e 21.700 euro”, da anticipare “con un bonifico bancario. E’
comunque previsto un rimborso da parte della Asl”. Ma il meccanismo,
spiega Ermanno Emiliani, responsabile delle autorizzazioni per
prestazioni radioterapiche all’estero per l’Emilia Romagna, non è
automatico: “Il rimborso è contemplato se l’attesa per una cura
equipollente in Italia è superiore a 40 giorni, o per una terapia che da
noi non viene fatta. La domanda va inoltrata alla Usl da un medico
specialista, prima della partenza o al rientro: si allegano le spese e
se il responsabile dà il benestare, ne viene rimborsato l’80%”. Sono 10
le richieste pervenute a Emiliani dal maggio scorso, tutte “a
posteriori”: “Per metà ho ravvisato l’indicazione per questo tipo di
cura, alle altre ho detto no. Attualmente ci sono due ricorsi”.
IN ITALIA – Situazione analoga in Piemonte, dove le richieste “a
posteriori” da gennaio a metà aprile sono state 6, con un caso di
ricorso. In un documento rilasciato da Staten Island si legge: “La
radiochirurgia non è praticata in Italia”. Orecchia ribatte: “Non
vogliamo impedire a nessuno di andare negli Usa, ma nessuno deve
affermare che non si può intervenire qua. Abbiamo 4 centri dove si
pratica la radiochirurgia cerebrale con Gamma Knife, e a Vicenza è
appena stato installato il primo apparecchio in Europa di Cyberknife
(una Gamma Knife più evoluta). Per le metastasi cerebrali, sono più di
30 i centri con acceleratore lineare. E la stereotassica per il corpo è
disponibile in 8 cliniche”. Il censimento dei centri italiani è
consultabile sul sito www.radioterapiaitalia.it . “Con standard –
puntualizza Orecchia – al livello delle strutture straniere. E costi
molto inferiori”.
LE SPESE – Ma quanto paga realmente chi va a New York? “Il trattamento
stereotassico – spiega Emiliani – costa 17.500 dollari. E da 4-5 mesi
nelle richieste di rimborso è comparsa una voce che prima non c’era:
l’onorario del dottor Conte, 1.750 dollari”. “Una cifra – si giustifica
Conte – che rientra nei 17.500 dollari complessivi: una cauzione pari al
10%, indicata come onorario a mio nome perché il versamento viene fatto
in Italia. Ma questi soldi vengono riversati a New York. Le nostre spese
sono sostenute dall’ospedale”. Il totale, spiega poi Conte, dipende da
viaggio, alloggio, eventuali cure aggiuntive. “C’è chi ha pagato 30.000
dollari e oltre, ma sono casi d’emergenza. Per un paziente standard il
costo complessivo è sui 23.000 dollari”. E quando gli si parla delle
strutture italiane sostiene: “La mia speranza è che presto non parta più
nessuno per New York. Che farò allora? Tornerò in America, a lavorare
con Lederman”.
Tutti i segreti del “bisturi” a raggi gamma
Uno dei centri di punta della radiochirurgia italiana è Lugo (Ravenna),
dove quasi un anno fa è stata attivata la prima Gamma Knife di ultima
generazione. Precisione altissima, limitata invasività: queste sono le
caratteristiche che rendono la Gamma Knife dedicata ad operare sui
tessuti cerebrali, in alternativa all’intervento chirurgico tradizionale
o ai metodi d’intervento endovascolare, anche su patologie cerebrali
spesso considerate non operabili. Partendo da un’accurata misurazione
dello spazio intracranico mediante un casco stereotassico con un
software tridimensionale che definisce poi le coordinate spaziali della
lesione. Al casco viene sovrapposta un’emisfera “traforata” da 201
forellini, attraverso cui i raggi gamma passano, sotto forma di fotoni,
andando tutti a intersecarsi sul bersaglio: il punto dove è stato
localizzato il tumore o la malformazione vascolare. Lì, e solo lì, essi
diventano “biologicamente attivi”. “E’ come se la lesione soltanto e non
le aree circostanti – spiega Enrico Motti, responsabile Gamma Knife di
Villa Maria Cecilia Hospital a Cotignola (Lugo) – venisse fugacemente
riempita con delle “sfere” radioattive: i raggi, in altre parole, non
colpiscono i tessuti sani. La degenza dura in media due giorni, senza il
consueto corteo di convalescenza delle procedure chirurgiche “invasive”,
pur indispensabili in molti altri casi o da impiegare associate:
neurochirurgia e radiochirurgia sono infatti spesso complementari”. La
Gamma Knife, introdotta nel ’68 dal neurochirurgo svedese Lars Leksell,
è oggi diffusa nel mondo in quasi 200 centri. I risultati ottenuti hanno
fatto nascere molte imitazioni (come l’X-Knife) basate su acceleratori
lineari modificati, più versatili (possono in alcuni casi “mirare” anche
ad altre parti del corpo) e più economici, ma la Gamma Knife, limitata
all’encefalo, resta lo standard più elevato di riferimento per
accuratezza e sicurezza. Oggi in Italia le Gamma Knife sono 4, di cui 3
(Lugo, Milano e Verona) operative. Quella del Complesso Sant’Eugenio del
Cto di Roma è infatti chiusa da circa 3 anni: “Si sono esaurite le
cariche di cobalto e la macchina è invecchiata – spiega il neurochirurgo
Sante Vangelista -. Aspettiamo i fondi per riattivarla, speriamo entro
l’estate”.
La Gamma Knife di Lugo si avvale di una diagnostica per immagini ancor
più precisa e di un robot di posizionamento che permette di azzerare i
rischi d’inesattezza e accorciare i tempi. Con liste d’attesa brevissime
e degenze altrettanto ridotte: la clinica di Lugo (raggiungibile
all’indirizzo www.gruppovillamaria.it ) effettua una media di 6/7
interventi a settimana. Con pazienti da tutta Italia, ma anche dall’estero.